Creare, distruggere, solo trasformare

Se ho in mano un pezzo di argilla a forma sferica con un semplice schiacciamento ne posso trasformare la forma e farlo diventare un disco. Posso anche dividerlo in tante palline più piccole od ancora farne un lungo e sottile filo. Ovvero posso trasformarlo in tanti modi diversi applicando soltanto una piccola quantità di forza (leggi energia). Posso anche pensare ad un progetto più complesso come ad esempio un piattino od ad una tazza che mi piacerà decorare con superficiali incisioni.

Sono sempre in un ambito nel quale tutte le trasformazioni sono possibili a partire dalla materia prima, ovvero l’argilla, in presenza di un’idea progettuale e con l’ausilio di un piccolo quantum di energia.

Il mondo appena descritto consente ogni cambiamento: si tratta solo di avere materia prima, progetto ed energia.

Le argille, a causa della ridottissima dimensione delle particelle e alla elevata capacità di assorbimento, sono, assieme ai limi e limi argillosi, rocce pseudocoerenti, ovvero rocce le cui caratteristiche meccaniche sono determinate dalla coesione fra le particelle (e quindi dallo stato di idratazione) piuttosto che dall’attrito fra le stesse.

Ma se decido che il piattino appena forgiato lo voglio resistente ed impermeabile e lo metto in un forno a cuocere, utilizzando una   maggiore quantità di energia, induco una trasformazione che non consente di tornare indietro: il piattino durerà nel tempo fino a che non si romperà, non potrà peraltro essere trasformato in un altro oggetto. Il mondo che si configura ha aggiunto una nuova regola, la cottura, con la quale deve fare i conti.

L’argilla è malleabile quando idratata e può quindi essere facilmente lavorata con le mani. Quando è asciutta diventa rigida e quando è sottoposta a un intenso riscaldamento, subisce una trasformazione irreversibile diventando permanentemente solida e compatta.

Esaminiamo ora un’altra situazione, quella di un vasetto di miele liquidi e trasparente che in condizione di bassa temperatura, cristallizza, diventa solido ed opaco. Un cambiamento radicale, ma non irreversibile, infatti riscaldandolo, tutto torna come all’origine.

La differenza sta che nel primo caso il calore conduce ad una situazione irreversibile e nel secondo al ritorno della condizione di partenza: si constata che nella struttura interna dei due composti esistono regole di comportamento intrinseche che non possiamo in alcun modo modificare e che appartengono ad una sorta di “evoluzione” della materia, evoluzione della quale non conosciamo ne il perché, ne il come, ed ancor meno il quando..

Queste riflessioni nascono dall’idea che sarebbe meraviglioso se si potesse, per esempio trasformare una pietra in un cibo, o un cumulo di terra in una casa accogliente, utilizzando una “macchina”, una “mente superiore”, che avesse chiaro il progetto di trasformazione e potesse disporre dell’energia necessaria per l’operazione. Abbiamo consapevolezza del fatto che ciò non è nelle nostre possibilità poiché non possediamo le conoscenze e i mezzi per riportare il piattino di ceramiche nella condizione di argilla malleabile: nell’evoluzione dell’universo. a partire da un progetto originario (tutte le informazioni sono intrinseche al sistema e permangono indistruttibili in ogni condizione, dentro un buco nero compreso? la mente di un Dio creatore?) si sono instaurate leggi, regole e vincoli, a noi poco note, che hanno impresso una sorta di evoluzione irreversibile, che ha condotto l’universo nelle condizioni che conosciamo (si fa per dire conosciamo).

Per trasformare dovremmo saper frantumare queste leggi, queste regole, questi vincoli, ma per farlo occorrerebbe la più profonda conoscenza dell’universo, se ne occupano i fisici, ma anche avere la risposta del perché esistiamo, da dove veniamo e dove andremo, e se ne dovrebbero occupare i filosofi.

“Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma”, affermava Einstein e l’aforisma conferma quanto sopra detto e rimanda alla conoscenza di quelle regole universali (vedi l’articolo “Genesi, filogenesi e sociogenesi).

Ma vi è un aspetto interessante che intendo varrebbe la pena di approfondire, e che è lo spunto di riflessione che vi propongo, ovvero l’aspetto progettuale. Chi l’ideatore? Chi l’artefice? Quale la fonte primaria?

(contimua)

 

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